Commedia dell’Arte


Quando Hanako è arrivata in Italia non ha potuto sfuggire al fascino delle maschere della Commedia dell'Arte. D'altronde se le è trovate in casa, quelle vere, in cuoio, usate dal marito nelle sue lezioni di teatro. E assistendo a quelle lezioni Hanako ha potuto conoscere in maniera privilegiata i costumi, le posizioni e i passi che quelle maschere caratterizzano, le loro strategie, i loro drammi, vizi e virtù.
Ne è uscito questo suo progetto che non si limita all'estetica della Commedia dell'Arte ma ne presenta le caratteristiche sociali e i caratteri individuali tipici del teatro rappresentativo. Li ha visti agire e ne ha riportato la natura e la funzione sociale.
Ogni maschera si muove in un suo personale spazio scenico in queste opere di terracotta e marmo, un palcoscenico allegro che prende spunto dal 'Servitore di due padroni' di Goldoni.

Maschera, in latino si dice persona. E le maschere della Commedia dell’Arte italiana, altro non sono che persone, ovvero prototipi di una vitale ed immutabile umanità. La Commedia dell’Arte rappresenta quindi la quintessenza dell’uomo ed Hanako Kumazawa in queste piccole opere mostra un variegato caleidoscopio pieno di vita; campionario di umanissimi caratteri: Brighella, locandiere maneggione e servile, Arlecchino (ovvero Truffaldino), zanni anarchico e istintivo, Smeraldina, cameriera forosetta e sexy, il dottor Lombardi, saccente e borioso, il vecchio avaro e satiresco Pantalone.... tutte insieme a recitare la Commedia Umana, ché, è cosa nota da sempre, il Teatro è rappresentazione condensata dell’esistenza, è la Vita.
L’artista allestisce con questa esposizione un piccolo palcoscenico movimentato e vivacissimo, un suo personale e colorato canovaccio sul capolavoro goldoniano Arlecchino servitore di due padroni.
Ad ogni personaggio la giovane scultrice giapponese assegna un oggetto, costruisce una scena particolare, associa un dettaglio distintivo. La servetta indaffarata esce, ratta, dalla scena da una parte e, animato contrappunto, dalla parte opposta un bianco topolino di marmo scappa rapido, aprendo - con notevole invenzione estetica - un vuoto centrale, una pausa sospesa, che conferisce dinamico impatto e istantaneità all’opera. Pantalone, barbogio sordo in consunta palandrana, porge l’orecchio alle voci del mondo, curioso e impiccione. Arlecchino (come nelle interpretazioni d’un Marcello Moretti o Ferruccio Soleri) siede in bilico su un baule, equilibrio precario sintomo della sua ambigua ed equivoca situazione di servitore di Beatrice e pure di Florindo; un monile lasciato in un angolo. Il Dottore, cattedratico e pedante, impartisce la sua lezione, il dito in alto la voce tonitruante ed infine Brighella con un tovagliolo in mano si pulisce di nascosto la scarpa.
Le figure della scultrice giapponese possiedono tutta la grazie di statuette in biscuit settecentesche, di ceramiche napoletane del secolo decimottavo, ma sono al contempo nuove e moderne. Pur rifacendosi, appunto, ad una consolidata tradizione ed ad un retaggio artistico antico, la giovane artista di Nagano interpreta con sensibilità individuale il soggetto. Notabile e moderna è, ad esempio, la ricerca di sottili cromìe, ottenute, non dipingendo artificialmente le statuette, bensì principalmente attraverso l’uso di materie eterogenee, quali la terracotta e il marmo. Materiali semplici e naturali, come il linguaggio quotidiano delle commedie di Carlo Goldoni, raffinate nella tecnica drammaturgica e popolari nella loro parlata vernacolare.
Hanako Kumazawa si è formata alla Tama Art University di Tokyo, per poi proseguire i suoi studi di scultura in Ungheria presso la Jannus Pannonius University, ed infine perfezionarsi nel corso biennale di scalpellino, condotto da Mauro Berrettini nel laboratori di Rapolano (Siena), dove tutt’oggi la scultrice risiede. Inoltre ha conseguito il diploma al "Corso Conservazione e Recupero manufatti architettonici di interesse storico". Da siffatto cursus studiorum si comprende come il rapporto diretto con le diverse materie (siano esse terracotta, legno, marmo o travertino) e la pratica delle varie tecniche plastiche siano elementi fondamentali per Hanako Kumazawa, sia nelle opere di grande formato e monumentali, quali, ad esempio, Fiori d'Arancio dalla Toscana, realizzato per la città siciliana di Polizzi Generosa (2003), sia in opere di piccole dimensioni, come gioielli e cofanetti in pietra, realizzati per committenza privata. Esponendo fin dal 1994 in numerose mostre collettive dal Giappone, Germania e Italia e realizzando monumenti pubblici Hanako Kumazawa si pone come fresca voce e interessante connessione culturale fra l’Oriente Yamato e l’Occidente mediterraneo. E, del resto, questa piccola esposizione, ottimamente testimonia quanto fertile e bello può essere nell’arte, e non solo, tale dialogo.
Piergiacomo Petrioli
